Wednesday 4 August 2010

Article and discussion: Nella girandola dei commissari naufraga Pompei

I have been asked by Giuseppe Mancini to publish the following article on Blogging Pompeii, with the hope of generating discussion of the issues highlighted. The article originally appeared in Il Secolo on 23rd July 2010. There's lots to discuss, I think, but I'll let someone else start. Enjoy!


Nella girandola dei commissari naufraga Pompei
Il secolo, 23 luglio 2010 – Giuseppe Mancini
L'emergenza è finita, ma Pompei è ripiombata nel più caotico abbandono istituzionale. Con una imprevista decisione del Consiglio dei ministri, lo scorso 10 giugno, è stato infatti posto termine alla gestione commissariale che ha caratterizzato negli ultimi due anni la vita degli scavi archeologici più famosi al mondo. E se la decisione del ministro Bondi di istituirla per contrastare uno stato di presunta emergenza, nel luglio 2008, era stata accompagnata da polemiche e recriminazioni a non finire, accolta malissimo dall'allora sovrintendente Pietro Giovanni Guzzo, la revoca non ha suscitato né giubilo né almeno soddisfazione per la missione apparentemente compiuta. Semplicemente perché, annunci a parte e nonostante i buoni propositi e qualche pur significativo successo iniziale, il bilancio della gestione commissariale è complessivamente negativo. E quel che è peggio, oggi Pompei è senza guida e guarda con profonda incertezza al suo futuro.

Dopo un primo periodo sotto la guida del prefetto Renato Profili, dal febbraio 2009 ha assunto il ruolo di commissario Marcello Fiori, un alto dirigente della Protezione civile. Uomo d'azione dalla forte personalità e dalla variegata intraprendenza, Fiori si è gettato a capofitto nella sua missione. Non ha battuto cassa al ministero, si è circondato di fedeli collaboratori, ha sciorinato idee e progetti, si è imposto di spendere i 39 milioni di euro in dotazione per il primo anno in modo razionale e strategicamente orientato. E ha dichiarato di voler essere giudicato esclusivamente in virtù dei risultati ottenuti. Noi lo prendiamo in parola: e offriamo una valutazione del suo operato sulla base dei cinque filoni di intervento che ci ha personalmente illustrato lo scorso anno, dopo qualche mese di operatività.

Per il commissario all'emergenza, la priorità assoluta era un piano organico di messa in sicurezza di tutta l'area archeologica, dalla manutenzione e dai restauri al potenziamento dell'impianto di videosorveglianza. E di passi in avanti ne sono stati fatti effettivamente molti, anche con nuove aperture di domus prima sbarrate e con restauri importanti già cantierizzati; del resto, Fiori è stato facilitato dal piano triennale di interventi già studiato e approntato da Guzzo e Profili, che si è impegnato ad attuare. In secondo luogo, il commissario ha assicurato un rapido superamento delle più eclatanti inadempienze pregresse. Ha siglato con l’agenzia locale di sviluppo TESS Costa del Vesuvio un accordo per stilare un nuovo piano di gestione come richiesto dall'Unesco, di cui i siti vesuviami fanno parte dal 1997; ha promosso la riapertura del ristorante self service all'interno degli scavi, fatto sgombrare da Profili per morosità per poi affidarlo alla società Autogrill: una scelta che si è rivelata però sbagliatissima, perché è inaccettabile che un punto ristoro all'interno di Pompei presenti un arredamento e un'offerta di cibi (panino con la porchetta incluso) identici a quelli di una qualsiasi stazione di servizio autostradale. Uno schiaffo sonoro alle pretese di stile e di accoglienza di qualità.

Il terzo tassello messo in evidenza da Fiori nella sua strategia di recupero e valorizzazione è la realizzazione di servizi per rendere la visita più gradevole, anche nell'arredo urbano e nella segnaletica: innovativa quando venne introdotta 10 anni fa, ma ormai sbiadita e fatiscente. Le fontane hanno ripreso a funzionare, ci sono a raccoglitori per i rifiuti più capienti e differenziati, le transenne di legno cotto e marcito sono state sostituite con quelle più solide e sfavillanti in metallo: ma la nuova segnaletica è un insulto al buon senso e ai più elementari principi della comunicazione museale. Quella esistente venne appositamente studiata per Pompei: steli sottili con indicazioni essenziali per orientarsi e numeri che rimandano alle informazioni contenute in un libricino consegnato gratuitamente a tutti i visitatori e nelle audioguide, per non invadere gli spazi e non intralciare la vista. Oggi invece svettano nelle strade della città antica, piazzati in ogni dove, pannelli sovradimensionati e carichi di dati e illustrazioni, per colmo di scempiaggine quasi illegibili a causa del materiale trasparente col quale sono realizzati: il frutto avvelenato di un intervento maldestro e supponente.

Quarto punto, una strategia ampia e articolata di valorizzazione per offrire un modello di sviluppo al territorio: iniziative per le scuole, con programmi didattici che ricostruiranno con l'ausilio anche di attori la vita quotidiana degli antichi; un laboratorio ludico dedicato ai bambini di futura apertura; l'incentivazione del turismo eno-gastronomico, coi prodotti delle aree demaniali; un sistema di illuminazione per permettere le visite notturne nel corso di tutto l'anno; un accordo triennale col San Carlo per delle stagioni concertistiche di alto profilo nel Teatro grande restaurato; un percorso logisticamente facilitato che tocca i punti essenziali della visita e uno riservato alle bici lungo il già esitente circuito extra moenia; l'apertura della Casa dei Casti amanti per visite guidate al cantiere di scavo e della adiacente Casa di Giulio Polibio per una passeggiata multimediale tra ologrammi e suggestioni sonore. Iniziative alcune validissime, come le visite guidate da personale professionale e preparato (però a pagamento e con prenotazione obbligatoria: una procedura che scoraggia le adesioni, in media una trentina al giorno); altre utili ma distruttive, come gli spettacoli del San Carlo, che hanno reso il Teatro grande un corpo estraneo e indigesto, infarcito di invadenti camerini ed enormi macchinari di scena, in più con una programmazione (salvo rare eccezioni) del tutto avulsa dal contesto antico. Un'iniziativa in effetti utile per gli incassi, più che per valorizzare Pompei. Una serie di iniziative tutte marchiate – come le nuove transenne e i nuovi pannelli informativi – dallo slogan “Pompei viva”, ossessivamente onnipresente: iniziative sempre mediaticamente roboanti ma spesso prive di contenuti. E infatti sono state inspiegabilmente accantonate le storiche manifestazioni del Laboratorio di ricerche applicate della professoressa Ciarallo, le “Stagioni nell'Antica Pompei”, dedicate alle arti, all'alimentazione, ai profumi, alle piante, alle scienze degli antichi: manifestazioni di grande successo che hanno fatto scoprire gli stili di vita – anche attraverso l'acquisto dei prodotti ricreati seguendo le ricette e i metodi dell'epoca – degli abitanti della città sepolta.   

Da ultimo, Fiori ha completamente fallito nel creare meccanismi di dialogo costruttivo con le istituzioni – Regione, sindaci, vescovo – e con gli imprenditori locali, scatenando al contrario scontri furibondi. Ha completamente mancato, per eccesso di protagonismo, l'obiettivo cruciale del suo mandato. Nonostante questo bilancio negativo, il ministro Bondi gli ha affidato l'incarico di stilare le linee direttive della svolta: una fondazione con enti pubblici e privati sul modello del museo Egizio di Torino per la gestione di tutta l'area vesuviana, esautorando la Sovrintendenza – mentre il sindaco di Pompei ne ha già polemicamente rivendicato la guida per gli enti locali. Nel frattempo, l'ex sovrintendente Maria Rosaria Salvatore è andata in pensione, dopo neanche un anno dalla nomina e senza aver realizzato nessuno dei suoi progetti: una figura di transizione per non intralciare il lavoro di Fiori e le mire ministeriali. Com'è del resto avvenuto per il suo successore, Giuseppe Proietti: sovrintrendente ad interim fino a settembre, già direttore generale del personale al ministero, attualmente alla guida della sovrintendenza speciale di Roma e mai presente a Pompei. L'ennesimo esempio di come i beni culturali, risorsa invece preziosa per il Paese, rimangono in balia di interventi improvvisati e dannosi.  

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